Association Between Inflammatory Bowel Diseases and Celiac Disease: A Systematic Review and Meta-Analysis è il titolo di una meta-analisi che porta l’attenzione su una relazione da tempo nota ma che a tutt’oggi poca chiarezza ha: Celiachia e Sindrome dell’Intestino Irritabile.
Mi piace partire dalle definizioni così da non incappare in fraintendimenti.
– La celiachia – una enteropatia visto che primariamente interessa l’intestino – è una intolleranza al glutine – miscela proteica presente in alcuni cereali quali frumento, orzo e segale – geneticamente determinata [HLA DQ2 e HLA DQ8].
– La sindrome dell’intestino irritabile o SII o IBS [Irritable Bowel Syndrome] è una delle patologie gastrointestinali più frequenti, meglio conosciuta per i suoi sintomi o disconfort che per la sua vera e propria definizione unanimemente accettata dalla comunità scientifica. A tutt’oggi infatti, a seconda della definizione si hanno dati di frequenza ed incidenza diversi!
Nel lavoro gli autori hanno selezionato precedenti studi [esattamente 65] per stimare il rischio di celiachia in pazienti con IBS e viceversa. Il risultato della meta-analisi ha evidenziato un moderato aumento del rischio di celiachia in pazienti con IBS ed un modesto aumento di IBS in pazienti con celiachia. Dunque ancora poca chiarezza c’è.
Più certezze ci sono invece sul loro trattamento. Entrambe sono accomunate sia dal distretto corporeo prevalente in cui i sintomi si concentrano: l’intestino, che dalla terapia: una alimentazione/nutrizione e stile di vita funzionali che prevedono l’allontanamento del glutine – nel primo caso – e di FODMAPs nel caso della Sindrome dell’Intestino Irritabile.
L’alimentazione gluten free o meglio la Dieta Mediterranea senza glutine è stato argomento del mio libro pubblicato nel 2011 ma tutt’oggi valido. Riguardo alla alimentazione ad eliminazione dei FODMAPs è molto più complesso poiché Oligosaccaridi – Disaccaridi – Monosaccaridi e Polioli Fermetabili [questo il significato dell’acronimo] sono carboidrati quali fruttosio, lattosio, fruttani, galattani e polioli come lo xylitolo, il sorbitolo e il mannitolo presenti in numerosi alimenti.
La MONASH University, l’Università australiana presso la quale la maggior parte delle ricerche sono state condotte, per agevolare i pazienti ha proposto una app per smartphone che aiuta a individuare il contenuto di FODMAP dei vari cibi. Ma il consiglio è: evitare il fai-da-te!
La dieta a basso contenuto di FODMAP, infatti prevede 3 passi:
Questo permette la risoluzione dei sintomi e il mantenimento del buon stato nutrizionale del soggetto.