Era il 2012 quando ho iniziato ad occuparmi di invecchiamento, invecchiamento attivo, ed ora eccomi a condividere una delle sfide – a mio modo di vedere – più intriganti che la ricerca scientifica porta: invecchiamento – microbiota intestinale e prestazioni cognitive, fragilità fino a comorbidità nell’anziano.
L’occasione è offerta da una recente review pubblicata su Eur Rew for Med and Pharm Sciences.
L’invecchiamento porta con se numerose modificazioni: morfologiche, biologiche, psicologiche, sociali … determinate da diversi fattori tra i quali fattori genetici, livello di educazione e culturale, benessere economico, comparsa di malattie cronico-degenerative, modalità di affrontare la quotidianità, appartenenza ad un nucleo socio-familiare, fino ad eventi drammatici e sradicamento dal proprio luogo di origine.
Fin qui tutto ormai ben noto. La vera novità risiede nel pensare l’invecchiamento come manifestazione dell’immunosenescenza, cioè come deterioramento del sistema immunitario. Questo porta ad uno stato infiammatorio silente e cronico che si correla a morbilità e mortalità nell’anziano. E’ il principale fattore di rischio per le patologie definite cronico-degenerative. I tempi sono maturi per parlare sempre più di INFLAMMAGING.
In tutto questo il nostro intestino o meglio il microbiota gioca un ruolo determinante. Durante il passare degli anni a causa di una nutrizione poco funzionale e regolatoria, di uno stile di vita poco congruo, di un uso di farmaci poco consapevole ed altro …, le popolazioni che albergano nell’intestino – in un rapporto simbiontico con una saggia filosofia del do-ut-des – subiscono degli squilibri e dunque alcune popolazioni si riducono a vantaggio di altre che prendono il sopravvento.
In particolare si è visto che nell’intestino anziano si riducono le popolazioni batteriche che producono gli acidi grassi a corta catena [SCFA] – tra i quali propionato, butirrato e acetato – che hanno un ruolo determinante per il BendEssere della Persona e per la salute del microbioma. Sono gli stessi SCFA che modulano anche la risposta immunitaria inibendo la produzione di mediatori dell’infiammazione. Questo è il legame con l’immunosenescenza base della fragilità dell’anziano.
La nuova sfida della ricerca scientifica è dunque studiare la correlazione tra i metaboliti del microbiota intestinale che modulano l’immunosenescenza e l’infiammazione silente, il processo di invecchiamento e le malattie degenerative peculiari dell’anziano.
Fonte: Microbioma – Newsletter 83