Una recente pubblicazione su Progress in cardiovascular diseases accende i riflettori sull’efficacia anti-infiammatoria dei nutraceutici per la profilassi del rischio cardiovascolare.
La Nutraceutica è una scienza recente e il termine nutraceutico è stato introdotto nel 1989 dal dr S De Felice, che coniò questa definizione unendo nutrizione e farmaceutica, per indicare come i componenti naturali presenti negli alimenti o nelle piante possono essere sintetizzati per creare farmaci utili per prevenire e trattare alcune patologie. Ciò nonostante il mercato in Italia è particolarmente fiorente: circa 3 miliardi di euro.
In particolare la review – redatta dal International lipid expert panel- ha lo scopo di fornire indicazioni precise, puntuali e scientificamente valide su i nutraceutici. Nello studio includono nutrienti isolati, supplementi, prodotti erboristici, cibi geneticamente modificati e processati fino a diete specifiche.
E’ stato valutato l’effetto dei nutraceutici su biomarcatori plasmatici di infiammazione quali ad esempio la proteina C-reattiva o interleuchina 6 che identificano i pazienti con un più alto rischio.
Il gruppo di lavoro nel position paper ha assegnato a ciascun nutraceutico una classe di raccomandazione che va dalla classe a, dati estrapolati da vari trial clinici o metanalisi; fino alla classe c, dati estrapolati da studi pre-clinici o su modelli in vitro.
La conclusione alla quale sono giunti è: c’ è ormai evidenza su come alcuni nutraceutici siano attivi sui biomarcatori infiammatori legati al rischio cardiovascolare con meccanismi biomolecolari diversi. E’ al contempo evidente che ulteriori studi sono necessari sebbene in Italia già è attiva la Società italiana di nutraceutica, fondata nel 2010, che rappresenta un valido punto di riferimento.
Fonte: M Ruscica et al. – Impact of nutraceuticals on markers of systemic inflammation: Potential relevance to cardiovascular diseases – A position paper from the International Lipid Expert Panel. Progress in cardiovascular diseases, 2021