Secondo una ricerca condotta presso l’University of California e pubblicata su Nature Microbiology, un prolungato e elevato consumo di carne rossa incide negativamente sullo stato infiammatorio esponendo ad un maggior rischio di patologie a carico dell’intestino.
Copiosa è ormai la letteratura scientifica che evidenzia come la Nutrizione influenzi negativamente o positivamente la composizione della popolazione batterica che alberga nel nostro intestino e non solo. In particolare è la carne rossa ad essere ripetutamente additata perché responsabile dell’aumento del rischio di patologie nel lungo termine, seppur a tutt’oggi i meccanismi non sono chiari.
Un eccessivo consumo – più della porzione funzionale di 110g – e una aumentata frequenza di consumo – superiore a 1 volta/settimana – sono responsabili sia di una alterazione della popolazione batterica a vantaggio di Bacteroidales e Clostridiales che di un maggior rischio di patologie infiammatorie mediate dall’acido N-glicolneuraminico.
Quest’ultimo è un glicano dell’acido sialico non sintetizzato dall’uomo pertanto non è riconosciuto dal nostro sistema immunitario. Questo metabolita può essere sia incorporato nei tessuti dell’ospite durante la digestione che essere utilizzato come fonte energetica da alcuni batteri. Un aumento intestinale di acidi sialici sembra indurre disbiosi intestinale.
I ricercatori sono giunti dunque alla conclusione che l’acido N-glicolneuraminico sia in grado di alterare il microbiota intestinale e che il suo rilascio dalla carne mediante sialidasi batteriche prima dell’arrivo al colon potrebbe ridurre il rischio infiammatorio.
Quale Nutrizionista Health Coach suggerisco
di consumare carne rossa non più di 1 volta settimana preferendo altre fonti proteiche quali: pesce – legumi – uova.
Fonte: Newsletter Microbioma N 12.